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Raina Kabaivanska

Raina Kabaivanska è nata a Burgàss sul Mar Nero, in Bulgaria. Suo padre era medico veterinario e scrittore; inventore di grandi progetti, a lui si deve l’ideazione e fondazione della Balkanturist, l’Organizzazione del Turismo Bulgaro. Sua madre era professoressa di fisica. Raina ha sempre abitato e studiato a Sofia. Da bambina suonava il pianoforte e cantava accompagnandosi sulla fisarmonica. Da studentessa al Conservatorio di Sofia, lavorava come solista nel collettivo artistico dell’Armata del Lavoro, suonando e cantando arie da opere famose come soprano e come mezzosoprano. E’ stata membro del coro del teatro dell’Opera di Sofia per alcuni mesi, come soprano. Nel corso del saggio finale si produsse nella scena di Tatiana da Evgenji Onjegin di Ciaikovsky e nell’ultima scena di Un ballo in maschera di Verdi nella parte di Amelia.

Nel ’58 ottenne una borsa di studio di sei mesi del suo governo per perfezionarsi in Italia, dove conobbe Zita Fumagalli Riva, un soprano che negli anni ’10 e ’20 aveva cantato il repertorio verista italiano ai livelli più alti, e studiò con lei.

A Milano Raina affrontò difficoltà per completare la propria preparazione. Debuttò a Vercelli nell’aprile ’59 come Giorgetta nel Tabarro di Puccini. e fu subito dopo attiva in piccoli teatri, come Sanremo, Mantova, Trento e Bolzano, interpretando Bohéme e Pagliacci. Vinceva poi il concorso per entrare alla scuola dei giovani del Teatro alla Scala, dove potè perfezionarsi con Antonio Tonini, con Gianandrea Gavazzeni e con il regista Mario Frigerio. Già nel 1961, con l’entusiastico assenso del direttore Antonino Votto, debuttava alla Piccola Scala nel Torneo Notturno di Malipiero; nel maggio 1961 Raina era alla “grande” Scala in Beatrice di Tenda , cantando il ruolo di Agnese accanto a Joan Sutherland.

Grazie alla musicalità e alla preparazione scenica, trovava immediatamente tre scritture internazionali prestigiose: Sir David Webster, direttore artistico del Covent Garden, la fece debuttare in quel teatro come Desdemona in Otello di Verdi, nel giugno ’62, tra Del Monaco e Gobbi, direttore Solti. Kurt Herbert Adler la fece debuttare negli Stati Uniti, ancora come Desdemona, a San Francisco; pochi mesi dopo Rudolf Bing, sovrintendente del Metropolitan di New York, la volle fissa nel teatro per una quindicina di stagioni a partire da un’edizione di Pagliacci con Carlo Bergonzi. Tra il ’61 e il ’68 Raina ha studiato tecnica e repertorio a Baltimora con la grande Rosa Ponselle, che la preparò nei ruoli di Leonora in Forza del destino, Cio-Cio-san in Butterfly e Leonora nel Trovatore. Di quelle lezioni restano alcuni nastri di estremo interesse.

Il rapporto della Kabaivanska con la Scala continuò ad essere intenso negli anni ’60 (Falstaff, Turandot di Busoni, Suor Angelica, Don Carlos, Mefistofele, Rienzi) . Ma l’attività statunitense fu ancora più intensa e proficua: nel massimo teatro di New York e nelle città più importanti degli Stati Uniti (Chicago, Washington, New Orleans, Houston, Dallas…) questa artista, con umiltà e scrupolo, ha perfezionato i ruoli che hanno in seguito fatto la sua gloria.

Nel 1969 Raina inaugurò la stagione della Scala interpretando Elvira nell’Ernani di Verdi accanto a Placido Domingo e al suo compatriota Nikolai Ghiaurov.

In quell’epoca conobbe un giovane regista operistico, Franco Guandalini, assistente di Giorgio De Lullo e collezionista d’arte, che era farmacista a Modena e che sarebbe diventato suo marito. Dopo la nascita della figlia Francesca ( chiamata così per l’opera di Zandonai), Raina Kabaivanska scelse Modena come città di residenza.

L’esempio di Maria Callas aveva creato un vero e proprio fanatismo per il repertorio del primo Ottocento italiano. Sembrava che dopo il “fenomeno Callas” il repertorio verista o più esattamente i compositori del secondo Ottocento - la “giovane scuola italiana” - non avessero più niente da dire a pubblici smaliziati.

La Kabaivanska ha saputo rovesciare i pregiudizi, incarnando le eroine delle opere liberty – Desdemona in Otello, Wally, Tosca, Adriana Lecouvreur, Butterfly, Francesca da Rimini – con musicalità sovrana, con stile e gusto sorvegliatissimi, con carisma di attrice. Le opere che ella ha riproposto e lo stile con cui ha fatto tale riproposta proposte mostrano la consapevolezza di chi compie – è il caso di dire “a furor di popolo” - un’operazione culturale non meno importante della riscoperta del belcanto. In ogni recita la nostra artista offriva una presenza fisica e scenica di glamour abbagliante, come il teatro lirico richiederebbe, e raramente ottiene.

In questo ambito ella ha resuscitato la figura ammaliante della cantante-attrice di illustre prosapia, sulla scia di Emma Calvé e Lina Cavalieri, di Geraldine Farrar e Maria Jeritza, di Gilda Dalla Rizza e Claudia Muzio. In Italia le raffinate creazioni scenico-vocali di Raina, in un repertorio del tardo Ottocento e dell’epoca “liberty” e Art Nouveau, che negli anni ‘70 potevano sembrare “fuori moda”, le hanno guadagnato il plauso dei musicologi più severi. Ella è entrata per sempre nel cuore di un pubblico fervidissimo.

Di questa grande cantante-attrice sono memorabili alcune prove verdiane. Nel ’73 ha interpretato la duchessa Elena ne I Vespri Siciliani che inaugurarono il nuovo Regio di Torino con la regìa di Maria Callas.

Poco dopo è venuta una commovente e bellissima Violetta, proposta in Emilia e allo Sferi-sterio di Macerata sotto la preziosa guida di Mauro Bolognini. Nel ’76 debuttò come Amelia in Simon Boccanegra alla Scala, sotto la bacchetta di Claudio Abbado.

Nel 1978 Herbert von Karajan ( sotto la cui guida era stata alla Scala una intensissima Nedda nei Pagliacci) ha voluto Raina ne il Trovatore al Festival di Salisburgo e a Vienna. L’ha poi richiamata nel 1981 e ‘82 per incarnare Alice nel Falstaff, sia in disco sia al Festival di Salisburgo e in film.

Il capitolo “discografia” è gravato dalla estraneità della Kabaivanska alle “multinazionali” del disco, ma include registrazioni preziose. A metà degli anni Settanta la FONIT- CETRA realizzò due eleganti recitals, uno di arie pucciniane sotto la bacchetta storica del maestro Gianandrea Gavazzeni , uno di musica da camera russa con accompagnamento pianistico. Tra il ’79 e l’81 la RCA ha diffuso alcuni bellisssimi recitals che spaziavano da Cherubini a Puccini. A a metà degli anni ottanta questa artista ha potuto realizzare delle registrazioni integrali curate di cinque dei suoi ruoli principali: Tosca, Madama Butterfly, Manon Lescaut, Adriana Lecouvreur e Francesca da Rimini.

Nel 1979 Raina cantò Evgenji Onjegin al Metropolitan di New York. Nell’80 la Tosca con Luciano Pavarotti fu un trionfo alla Scala di Milano. Al teatro milanese fece in seguito causa per un contratto non risolto. La fine di quel rapportò significò per la Kabaivanska la possibilità di scegliere liberamente le opere della sua carriera. Ormai Raina era il soprano più acclamato in Italia e in molti paesi europei. L’Opera di Roma, il Comunale di Bologna, la Staatsoper di Amburgo, il San Carlo di Napoli, il Regio di Torino, il Coliseo di Bilbao, il Massimo di Palermo le hanno aperto le porte con nuove proposte.

Nel 1981 cantò per la prima volta a fianco di Alfredo Kraus nel ruolo per lei nuovo di Manon nell’opera omonima di Massenet. Quelle recite all’Opera di Roma ebbero un’accoglienza trionfale, come pure l’inaugurazione della stagione romana ’81-’82 con Fausta di Donizetti. Si trattava di una vera e propria “riesumazione” di una partitura che era stata dimen-ticata dopo l’interpretazione di Giuditta Pasta nel 1833.

Il trionfo di Raina in questo difficilissimo ruolo - un trionfo al quale non era estranea la preparazione vocale effettuata anche recandosi a Londra alla “Donizetti Society” e ascoltando i consigli del musicologo Rodolfo Celletti - preludeva a una serie di interpretazioni nel repertorio antico.

Ci furono così La vestale di Spontini ( Genova 1984), che era stato cavallo di battaglia della Ponselle e della Callas, Armide di Gluck ( Bologna 1984), che le attirò l’ammirazione della critica francese per la perfetta dizione drammatica, fino a culminare in Roberto Devereux di Donizetti ( Roma 1988 e Genova 1993). La terribile Queen Elizabeth, truce e minacciosa nei primi due atti, trovava una stra-ordinaria catarsi patetica nell’ultima scena.

Non per questo la Kabaivanska rinunciava a proporre le due Manon, più di quattrocento Tosche, più di quattrocento Butterfly, Adriana e Francesca nei maggiori teatri, con musicalità impecca-bile, asciutta eleganza e impatto tragico.

Nel 1978, nel 1983 e nel 1997 presentò la sua sottile e intimistica interpretazione di Madama Butterfly in un teatro aperto e gigantesco come l’Arena di Verona, sempre ottenendo grandi ovazioni. In anticipo su un’altra realizzazione degli anni ’90, già nel 1979 Raina aveva girato accanto a Placido Domingo Tosca nei luoghi autentici di Tosca, la chiesa di S.Andrea della Valle, palazzo Farnese e Castel S.Angelo. Portando la sua Adriana Lecouvreur a Montecarlo, Marsiglia, Monaco di Baviera, Oviedo e Lisbona, ella ha restituito a questa partitura una notorietà internazionale che essa aveva perduto.

Ormai un pubblico giovane ed entusiasta stava dedicando alla Kabaivanska un vero e proprio culto. Non ultima delle sue qualità è la versatilità. Non potrebbe essere diversamente, in un’artista che è prima di tutto donna colta, poliglotta ed eccellente musicista. I suoi concerti e recitals sono ancora oggi numerosi e hanno
sempre spaziato da Monteverdi al nostro tempo, con un settore particolarmente frequentato, quello della musica da camera slava.
La Kabaivanska artista da camera non ha mai dimenticato, infatti, le proprie radici slave, di musicista educata alla perfetta padronanza del ceco e del russo e a una accorata malinconia di espressione.
Le prime master classes di canto di Raina Kabaivanska ebbero luogo nel 1992 vicino a Torino; da allora è praticamente impossibile tenere conto della frequenza con cui la sua esperienza tecnica, interpretativa e scenica è stata impartita a dei giovani. L’Accademia Chigiana di Siena, l’Accademia di Osimo e l’Opera Real di Madrid, tra le altre, l’hanno avuto come docente prestigiosa.
Infine, a partire dal 1993, la nostra artista ha voluto cimentarsi nell’esplorazione dell’o-pera del Novecento: quello più difficile, di Strauss, Janacek, Britten, Poulenc. Per questi compositori, la voce umana non è – e non può più essere - il “cantar spiegato” dei tre secoli precedenti, ma i sussurri e le grida di personaggi dalla sensibilità estenuata e nevrotica. Accanto a donne raffina-te e inquiete, come la Contessa di Capriccio, la Donna Abbandonata di La voix humaine, e la Governess di The turn of the Screw, Raina ha saputo offrire caratteri sconvolti e tragici, come Emilia Marty de Il caso Makropoulos e la Kostelnička di Jenufa. A questi spettacoli sono intervenuti anche i critici del teatro di prosa, esprimendo ammirazione per la potenza di attrice di Raina.
In questa fase attuale della sua carriera la Kabaivanska sta approfondendo l’inda-gine del XX secolo in musica. Ella aveva già affrontato La vedova allegra , non solo come divertissement esclusivamente frivolo, ma come pietra miliare dell’o-pera del Novecento. Le ultime acquisizioni sono state Jenufa di Janacek nel testo originale ceco e il musical Lady in the Dark di Kurt Weill . Nel prossimo futuro è attesa la Contessa in Pikovaja Dama al Teatro San Carlo di Napoli e nel 2006 Erodiade in Salome di Strauss nella rarissima versione in lingua francese di quest’opera, alla Fenice di Venezia. In tanto svariare di lingue e di stili, non dimentichiamo la Kabaivanska del reperto-rio cameristico e concertistico, che ha spaziato da “Ah, perfido!” di Beethoven alle liriche di Sciostakovich.

Come ha scritto di lei il compianto Rodolfo Celletti, “La voce di Raina, considerata in sé e per sé, come puro materiale sonoro, come strumento generico, è come se non esistesse. Voglio dire che non accetta di essere definita se non associata a un personaggio ben individuato, sia esso Tosca, Cio-Cio-San, Adriana o la Contessa di Capriccio. Perché è una voce di volta in volta diversa. Secondo Wagner – che si riferiva a Wilhelmine Schröder-Devrient –questa è la sola lode alla quale un’attrice-cantante dovrebbe aspirare”.

Gina Guandalini